Come ben sappiamo nel panorama digitale odierno, dove ogni clic, ogni acquisto, ogni interazione genera un fiume in piena di informazioni, i big data sono diventati il pane quotidiano di chiunque voglia non solo comprendere il presente, ma anche plasmare il futuro. Non è più sufficiente reagire a ciò che è già accaduto, la vera sfida, e la vera opportunità, risiede nel prevedere cosa succederà dopo. Ed è qui che entra in gioco l’analisi predittiva, un vero e proprio superpotere per chi sa come usarla.

Cos’è l’analisi predittiva con i big data

L’analisi predittiva con i big data è l’arte e la scienza di utilizzare tecniche statistiche, algoritmi di machine learning e, ovviamente, quantità massicce di dati per prevedere eventi futuri o comportamenti sconosciuti. Non stiamo parlando di indovinare, ma di fare previsioni basate su evidenze concrete e modelli matematici.

I big data, con le loro celebri “5 V” Volume, Velocità, Varietà, Veridicità e Valore, forniscono il carburante necessario per questi motori predittivi. Un tempo, analizzare set di dati così grandi era impensabile. Oggi, grazie a infrastrutture e tecnologie avanzate, possiamo processare e analizzare terabyte, persino petabyte, di informazioni in tempi rapidissimi. Questo ci permette di identificare pattern, correlazioni e anomalie che sarebbero invisibili a occhio nudo o con metodi tradizionali.

L’obiettivo finale? Non è solo prevedere, ma agire di conseguenza. Che si tratti di anticipare l’abbandono di un cliente, la domanda di un prodotto, il guasto di un macchinario o l’andamento dei mercati finanziari, l’analisi predittiva ci offre un vantaggio competitivo inestimabile. È un po’ come giocare a scacchi con una mossa di anticipo: si vede la mossa dell’avversario prima che la faccia, e si può pianificare la propria contromossa. Tuttavia, è fondamentale ricordare che, per quanto sofisticato, un modello predittivo non è mai infallibile. Le previsioni sono probabilità, non certezze assolute, e dipendono dalla qualità e dalla rappresentatività dei dati su cui sono state addestrate. La realtà è complessa e i dati possono cogliere solo una parte di essa, lasciando spazio a eventi imprevisti o “cigni neri” che nessun algoritmo avrebbe potuto anticipare.

Quali settori ricorrono all’analisi dei trend con i big data?

Praticamente ogni settore che genera una quantità significativa di dati può trarre beneficio dall’analisi predittiva. Dal commercio al dettaglio alla finanza, dalla sanità alla manifattura, passando per il marketing e i trasporti, le applicazioni sono quasi infinite.

Nel settore retail, ad esempio, l’analisi predittiva aiuta a prevedere la domanda dei prodotti, ottimizzare le scorte, personalizzare le offerte e identificare i clienti a rischio di abbandono. Così, il supermercato sa esattamente quante confezioni di pasta comprare prima ancora che tu ci pensi. Questo si traduce in una riduzione degli sprechi, una migliore gestione del magazzino e, in ultima analisi, una maggiore soddisfazione del cliente, che trova sempre ciò che cerca. Pensiamo anche alla personalizzazione dell’esperienza d’acquisto online, dove algoritmi predittivi suggeriscono prodotti basandosi sulla cronologia di navigazione e acquisti precedenti, un po’ come un commesso virtuale che conosce i tuoi gusti meglio di te.

Il settore finanziario è un pioniere nell’uso dell’analisi predittiva per la valutazione del rischio di credito, la rilevazione delle frodi, la previsione dei mercati azionari e la personalizzazione dei prodotti finanziari. Non è magia, è statistica avanzata che cerca di prevedere se sarai un buon pagatore o se il tuo investimento andrà bene o meno. Le banche utilizzano modelli predittivi per decidere se concedere un prestito, valutando la probabilità di insolvenza di un cliente. I trader, invece, cercano di anticipare i movimenti dei mercati per prendere decisioni di investimento più informate, anche se, come ogni buon economista sa, “i rendimenti passati non sono garanzia di rendimenti futuri”, e i mercati possono essere imprevedibili.

In sanità, i big data e l’analisi predittiva possono migliorare la diagnosi precoce delle malattie, prevedere epidemie, ottimizzare la gestione delle risorse ospedaliere e personalizzare i piani di trattamento. Immaginate di poter prevedere un’influenza stagionale con un mese di anticipo, permettendo agli ospedali di prepararsi. I modelli possono analizzare i dati dei pazienti per identificare quelli a maggior rischio di sviluppare determinate patologie, consentendo interventi preventivi. Si possono anche ottimizzare gli appuntamenti e la disponibilità di letti, riducendo i tempi di attesa e migliorando l’efficienza complessiva del sistema sanitario. Tuttavia, l’uso di dati sensibili in sanità solleva importanti questioni etiche e di privacy, che devono essere gestite con la massima cautela e trasparenza.

L’industria manifatturiera sfrutta l’analisi predittiva per la manutenzione predittiva (anticipando i guasti dei macchinari prima che accadano), l’ottimizzazione dei processi produttivi e il controllo qualità. Un macchinario che “parla” e dice “tra due settimane mi romperò” è un sogno che l’analisi predittiva rende realtà. Questo riduce i tempi di inattività imprevisti, risparmiando costi significativi e aumentando l’efficienza della produzione. Si possono anche prevedere difetti nei prodotti finiti, intervenendo per correggerli prima che raggiungano il mercato.

Anche nel marketing, l’analisi predittiva è fondamentale per segmentare i clienti, prevedere il loro comportamento d’acquisto, ottimizzare le campagne pubblicitarie e calcolare il lifetime value del cliente. Non è un caso se ti ritrovi pubblicità di prodotti che stavi giusto pensando di comprare: qualcuno ha previsto il tuo desiderio. Questo permette alle aziende di allocare meglio i budget di marketing, indirizzando i messaggi giusti al pubblico giusto nel momento giusto, massimizzando il ritorno sull’investimento. La personalizzazione spinta, però, può talvolta sfociare in quello che alcuni percepiscono come un’invasione della privacy, un confine sottile che le aziende devono saper gestire.

E non dimentichiamo il settore dei trasporti e della logistica, dove l’analisi predittiva ottimizza i percorsi, prevede i ritardi, gestisce il traffico e migliora la sicurezza. Meno code in autostrada grazie a un algoritmo? Forse un giorno sarà la normalità. Le aziende di spedizioni utilizzano modelli per prevedere i tempi di consegna, ottimizzare i carichi e ridurre i costi operativi. Anche la manutenzione dei veicoli può essere pianificata in modo predittivo, minimizzando i fermi macchina e garantendo la sicurezza.

Questi sono solo alcuni esempi, ma la lista è ben lungi dall’essere esaustiva. In un mondo sempre più guidato dalla data economy, la capacità di estrarre valore predittivo dai big data è diventata una competenza irrinunciabile per qualsiasi organizzazione che voglia rimanere competitiva. Tuttavia, è cruciale riconoscere che l’efficacia di queste applicazioni dipende dalla robustezza dei modelli e dalla capacità di interpretarli correttamente, evitando di attribuire loro capacità divinatorie che non possiedono.

Come fare analisi predittiva con i big data

Fare analisi predittiva con i big data non è un’impresa da poco, ma neanche una missione impossibile. Richiede una metodologia strutturata, competenze specifiche e gli strumenti giusti. 

Preparazione dei dati e scelta degli strumenti

Il primo passo, e spesso il più impegnativo, è la preparazione dei dati. I big data, per loro natura, sono spesso sporchi, incompleti, incoerenti e provenienti da fonti disparate.  Un po’ come cucinare un piatto gourmet ma con ingredienti mischiati, alcuni scaduti e altri che non c’entrano nulla. La preparazione dei dati è l’equivalente di pulire, tagliare e organizzare tutti gli ingredienti prima di iniziare a cucinare. Questo processo, noto anche come “data wrangling” o “data munging”, è tanto cruciale quanto laborioso ed include diverse fasi:

  • Raccolta dei dati: Aggregare dati da database relazionali e non relazionali, data lake, API di servizi web, sensori IoT, piattaforme di social media e qualsiasi altra fonte rilevante. La sfida qui è la varietà delle fonti e dei formati, che richiedono connettori e strategie di acquisizione diverse.

  • Pulizia dei dati: Gestire valori mancanti (imputazione, eliminazione), correggere errori (tipografici, di formato), eliminare duplicati e outlier (valori anomali che possono distorcere il modello). Questo è un lavoro certosino, ma fondamentale. Un dato errato può portare a previsioni completamente sballate, e nessuno vuole prendere decisioni importanti basandosi su “rumore” invece che su informazioni. Spesso, questa fase richiede una profonda conoscenza del dominio per discernere tra un valore anomalo significativo e un mero errore.

  • Trasformazione dei dati (Feature Engineering): Normalizzare (scalare i dati in un intervallo specifico), standardizzare (trasformare i dati in modo che abbiano media zero e deviazione standard uno), aggregare o disaggregare i dati per renderli adatti all’analisi. A volte, è necessario creare nuove variabili (feature engineering) combinando quelle esistenti o estraendo informazioni implicite, per dare al modello una “visione” più significativa del problema. Un buon feature engineering può fare la differenza tra un modello mediocre ed uno performante.

  • Integrazione dei dati: Combinare dati da diverse fonti in un unico dataset coerente. Questo può comportare la risoluzione di problemi di schema, l’allineamento di chiavi identificative e la gestione di dati non strutturati o semi-strutturati insieme a quelli strutturati.

Una volta che i dati sono puliti e pronti, è il momento di scegliere gli strumenti adatti. La scelta dipende dalla complessità del progetto, dalle dimensioni dei dati, dalle competenze del team e dal budget. Tra i tool per la data analysis e predittiva più comuni troviamo:

  • Linguaggi di programmazione: Python e R sono i cavalli di battaglia per l’analisi predittiva, grazie alle loro ricche librerie e comunità attive.

  • Piattaforme di big data: Apache Hadoop (per l’archiviazione e l’elaborazione distribuita) e Apache Spark (per l’elaborazione in-memory e l’analisi real-time) sono essenziali per l’elaborazione e la gestione di dataset di grandi dimensioni.

  • Database e data warehouse: Sistemi come SQL (PostgreSQL, MySQL), NoSQL (MongoDB, Cassandra) e data warehouse basati su cloud (es. Google BigQuery, Amazon Redshift, Snowflake) per l’archiviazione e il recupero efficiente dei dati.

  • Strumenti di visualizzazione dati: Tableau, Power BI, Looker Studio o librerie come Matplotlib e Seaborn in Python per esplorare i dati, identificare pattern e comunicare i risultati in modo efficace e intuitivo. La visualizzazione non è solo estetica, è un potente strumento di esplorazione e validazione dei dati.

La fase di preparazione dei dati è critica. Si dice spesso che un buon modello predittivo dipende per l’80% dalla qualità dei dati e per il 20% dall’algoritmo. Non sottovalutate mai l’importanza di avere dati di qualità, perché un modello addestrato su dati “spazzatura” produrrà previsioni altrettanto “spazzatura”, indipendentemente dalla sua complessità.

Modelli predittivi più utilizzati

Una volta che i dati sono pronti e gli strumenti scelti, si passa al cuore dell’analisi predittiva: la costruzione dei modelli. Un modello predittivo è, in sostanza, un algoritmo addestrato sui dati storici per identificare pattern e fare previsioni su nuovi dati. Esistono diversi tipi di modelli, ognuno adatto a scopi specifici e con le proprie metriche di valutazione:

  • Modelli di regressione: Utilizzati per prevedere un valore numerico continuo. Ad esempio, prevedere il prezzo di una casa in base a dimensioni e posizione, le vendite di un prodotto in base al prezzo e alla promozione, o la temperatura del giorno successivo. Le tecniche più comuni includono la regressione lineare (semplice ma potente per relazioni lineari), la regressione polinomiale (per relazioni non lineari) e modelli più avanzati come i Random Forest Regressor o i Gradient Boosting Regressor. La loro performance è spesso misurata con metriche come l’Errore Quadratico Medio (RMSE) o l’Errore Assoluto Medio (MAE).

  • Modelli di classificazione: Utilizzati per assegnare un’etichetta di categoria a un’osservazione. Ad esempio, prevedere se un cliente abbandonerà (sì/no), se un’email è spam (sì/no), se una transazione è fraudolenta, o la categoria di un’immagine (cane/gatto/uccello). Algoritmi popolari includono alberi decisionali, foreste casuali (Random Forest), Support Vector Machine (SVM), k-Nearest Neighbors (k-NN) e reti neurali. Le metriche di valutazione includono accuratezza, precisione, richiamo (recall), F1-score e l’Area Sotto la Curva ROC (AUC-ROC), essenziali per valutare la capacità del modello di distinguere tra le classi, specialmente in presenza di classi sbilanciate.

  • Modelli di clustering: Utilizzati per raggruppare osservazioni simili tra loro, senza una variabile target predefinita. Ad esempio, segmentare i clienti in base al loro comportamento d’acquisto per campagne marketing mirate, o identificare anomalie in dataset complessi. Algoritmi come k-Means, DBSCAN o la gerarchia agglomerativa sono spesso impiegati. A differenza della regressione e classificazione, la valutazione dei modelli di clustering è più complessa e spesso soggettiva, basandosi su metriche come il coefficiente di silhouette o l’indice di Davies-Bouldin.

  • Modelli di serie temporali: Specifici per dati che evolvono nel tempo, dove l’ordine delle osservazioni è cruciale. Sono usati per previsioni finanziarie, andamenti meteorologici, vendite stagionali o previsioni di carico energetico. Modelli come ARIMA (AutoRegressive Integrated Moving Average), Holt-Winters e Prophet (di Facebook) sono molto efficaci in questo contesto. Questi modelli tengono conto di trend, stagionalità e componenti cicliche nei dati.

  • Reti neurali e Deep Learning: Un sottoinsieme del machine learning che simula il funzionamento del cervello umano, eccellente per problemi complessi come il riconoscimento di immagini, l’elaborazione del linguaggio naturale, la traduzione automatica e previsioni altamente sofisticate su dati non strutturati. Richiedono grandi quantità di dati e risorse computazionali significative, ma offrono prestazioni all’avanguardia in molti domini. Architetture come le Reti Neurali Convoluzionali (CNN) per le immagini e le Reti Neurali Ricorrenti (RNN) o i Transformer per il testo sono esempi di modelli deep learning.

La scelta del modello dipende dalla natura del problema, dal tipo di dati disponibili, dagli obiettivi dell’analisi e dalla necessità di interpretabilità. Spesso, si testano diversi modelli e si sceglie quello che offre le migliori prestazioni in termini di metriche rilevanti, ma anche considerando la sua robustezza e la sua capacità di generalizzare a nuovi dati. E non dimentichiamo che un modello, per quanto sofisticato, è sempre una semplificazione della realtà. Non è infallibile e i suoi limiti vanno sempre compresi e comunicati, specialmente quando si tratta di impatti su persone o decisioni critiche. Un modello può essere accurato, ma non per questo “giusto” o “equo”, se i dati di addestramento riflettono bias preesistenti nella società.

 

Strumenti per l’analisi predittiva dei big data

Nel panorama degli analisi dei dati e della predizione, avere gli strumenti giusti è come avere un’orchestra ben assortita: ogni strumento ha il suo ruolo e contribuisce all’armonia finale. Per l’analisi predittiva con i big data, alcuni strumenti si sono affermati come standard de facto.

Come utilizzare Python e R nell’analisi predittiva

Quando si parla di analisi predittiva e big data, due linguaggi di programmazione dominano la scena: Python e R. Entrambi offrono un ecosistema vastissimo di librerie e framework, rendendoli estremamente potenti e flessibili per data scientists e analisti.

Python è amato per la sua versatilità, leggibilità e la sua vasta gamma di applicazioni, che vanno ben oltre la data science (web development, automazione, ecc.). È spesso la scelta preferita per progetti che richiedono integrazione con sistemi esistenti o scalabilità in produzione. Per l’analisi predittiva, Python brilla grazie a librerie come:

  • NumPy e Pandas: Fondamentali per la manipolazione e l’analisi dei dati. NumPy fornisce supporto per array e matrici multidimensionali, ottimizzato per l’efficienza computazionale. Pandas offre strutture dati efficienti come i DataFrame, perfette per lavorare con dati tabellari, consentendo operazioni di pulizia, aggregazione e trasformazione con una sintassi intuitiva e performante.

  • Scikit-learn: La libreria per eccellenza per il machine learning in Python. Offre una collezione impressionante e coerente di algoritmi di classificazione, regressione, clustering, riduzione della dimensionalità e selezione del modello. È la “cassetta degli attrezzi” completa per ogni data scientist, con API ben documentate e facili da usare.

  • TensorFlow e Keras (ora integrato in TensorFlow): Librerie di punta per il deep learning. Permettono di costruire e addestrare reti neurali complesse, fondamentali per problemi come il riconoscimento di immagini, l’elaborazione del linguaggio naturale (NLP), la visione artificiale e altre applicazioni avanzate che richiedono la capacità di apprendere pattern estremamente complessi. Keras, in particolare, offre un’interfaccia di alto livello che semplifica notevolmente la creazione di reti neurali.

  • PyTorch: Un’altra libreria open-source per il machine learning, particolarmente apprezzata nella ricerca per la sua flessibilità (grazie al “dynamic computational graph”) e facilità d’uso nella prototipazione e nello sviluppo di modelli complessi. Ha guadagnato molta popolarità per il deep learning negli ultimi anni.

  • XGBoost, LightGBM, CatBoost: Implementazioni altamente ottimizzate di algoritmi di gradient boosting, noti per la loro velocità e accuratezza in problemi di regressione e classificazione, spesso utilizzati per vincere competizioni di data science.

  • Matplotlib e Seaborn: Per la visualizzazione dei dati, essenziali per esplorare i dataset, identificare pattern, diagnosticare problemi nei dati e presentare i risultati dei modelli in modo chiaro e comprensibile. Matplotlib è la base, mentre Seaborn offre un’interfaccia più di alto livello per grafici statistici accattivanti.

  • LIME e SHAP: Librerie emergenti per la XAI (Explainable AI), che aiutano a capire come i modelli prendono le loro decisioni, un aspetto cruciale per la fiducia e l’accettazione delle previsioni, specialmente in settori regolamentati come la finanza o la sanità.

Un corso di Python per iniziare può essere il primo passo per padroneggiare queste librerie e gettare le basi per un percorso più avanzato, magari fino a diventare un Python Developer.

R è un linguaggio nato specificamente per l’analisi statistica e la grafica. È la scelta preferita da molti statistici e ricercatori per la sua potenza nell’analisi esplorativa dei dati, nella modellazione statistica avanzata e nella creazione di visualizzazioni di alta qualità. Le sue librerie chiave includono:

  • dplyr e tidyr: Per la manipolazione e la pulizia dei dati, parte del cosiddetto “Tidyverse”, un insieme coerente di pacchetti per la data science che promuove una filosofia di codice pulito e funzionale.

  • ggplot2: Considerata una delle migliori librerie per la creazione di grafici statistici eleganti e informativi, basata sulla “grammatica della grafica”.

  • caret: Un pacchetto che semplifica il processo di addestramento e valutazione di modelli di machine learning, fornendo un’interfaccia unificata per molti algoritmi e un framework per la selezione del modello e l’ottimizzazione degli iperparametri.

  • forecast: Specifico per l’analisi e la previsione di serie temporali, con implementazioni robuste di modelli come ARIMA, ETS e altri algoritmi avanzati per serie temporali.

Sia Python sia R hanno i loro punti di forza e le loro comunità attive. Spesso, la scelta tra i due dipende dalle preferenze personali, dalle competenze del team e dalla natura specifica del progetto. Molti professionisti scelgono di padroneggiare entrambi per avere il massimo della flessibilità.

Oltre a questi linguaggi, per la gestione dei big data su larga scala, strumenti come Apache Spark sono indispensabili. Spark offre API in Python (PySpark), R (SparkR), Java e Scala, permettendo di eseguire elaborazioni distribuite su cluster di dati in modo efficiente, superando i limiti di elaborazione in-memory di un singolo computer. Questo è cruciale quando i dataset non possono più essere gestiti da una singola macchina. Piattaforme cloud come AWS SageMaker, Google AI Platform e Azure Machine Learning offrono ambienti gestiti per lo sviluppo, l’addestramento e il deployment di modelli, semplificando ulteriormente il lavoro con i big data.

La combinazione di questi linguaggi e piattaforme permette di affrontare sfide di analisi predittiva su scala big data, trasformando montagne di dati grezzi in intuizioni strategiche e, si spera, redditizie. Tuttavia, la disponibilità di tanti strumenti non deve far dimenticare che la comprensione dei principi sottostanti e la capacità di scegliere l’approccio giusto rimangono le competenze più preziose.

 

Come ottimizzare le decisioni aziendali con i big data: i consigli di Data Masters

Arrivati a questo punto, avrete capito che l’analisi predittiva con i big data non è un lusso, ma una necessità per le aziende che vogliono rimanere competitive. Ma come si fa a passare dalla teoria alla pratica, ottimizzando realmente le decisioni aziendali? Non basta avere i dati e gli strumenti; serve una strategia e una mentalità orientata al valore:

Per affrontare con successo l’analisi predittiva con i big data, il primo passo fondamentale è partire dalla domanda di business, non dai dati. Sembra banale, ma è facile perdersi nel mare dei dati. Prima di iniziare a raccogliere e analizzare, chiedetevi: “Qual è il problema aziendale che voglio risolvere? Quale decisione devo migliorare? Quale impatto vogliamo generare?”. Avere una domanda chiara e un obiettivo di business ben definito guiderà l’intero processo, dalla raccolta dati alla scelta del modello. Non accumulate dati a caso sperando che magicamente vi diano risposte; piuttosto, identificate le opportunità di valore e poi cercate i dati che possono aiutarvi a coglierle.

Dopo aver definito l’obiettivo, è cruciale investire nella qualità dei dati, non solo nella quantità. Lo abbiamo già detto, ma lo ribadiamo con forza: “garbage in, garbage out”. Dati sporchi, incompleti o incoerenti produrranno modelli predittivi inaffidabili e decisioni errate. È fondamentale investire tempo e risorse significative nella pulizia, integrazione e validazione dei dati. Questo include l’implementazione di processi di data governance robusti, la definizione di standard di qualità e l’uso di strumenti per l’automazione della pulizia. È la base su cui costruirete tutto il resto, e trascurarla è come costruire una casa su sabbie mobili.

Una volta che avete dati di qualità e un modello funzionante, è vitale integrare l’analisi predittiva nei processi decisionali esistenti. Un modello predittivo è utile solo se le sue previsioni vengono effettivamente utilizzate per prendere decisioni. Assicuratevi che i risultati dell’analisi siano facilmente accessibili e comprensibili ai decision-maker e che siano integrati nei flussi di lavoro aziendali esistenti, magari attraverso dashboard interattive o sistemi di alert automatici. Inutile avere una sfera di cristallo se poi nessuno la consulta o se il suo messaggio è incomprensibile. Questo richiede una stretta collaborazione tra team tecnici e team di business.

Infine, è essenziale monitorare, mantenere e spiegare i modelli in produzione. I modelli predittivi non sono statici. Il mondo cambia, i dati evolvono, e ciò che funzionava ieri potrebbe non funzionare domani. È cruciale monitorare costantemente le prestazioni dei modelli in produzione (il cosiddetto model drift), riaddestrarli con nuovi dati e adattarli alle nuove condizioni. Un modello lasciato a sé stesso è come un orologio fermo. Inoltre, la capacità di spiegare il perché un modello ha preso una certa decisione (Explainable AI – XAI) è sempre più importante per la fiducia, la conformità normativa e l’identificazione di bias.

In questo contesto, è fondamentale riconoscere i limiti e i bias. Ogni modello, per quanto sofisticato, è una semplificazione della realtà e sarà influenzato dai dati su cui è stato addestrato. Se i dati storici contengono bias, il modello li apprenderà e li riprodurrà. È cruciale essere consapevoli di questi limiti, testare i modelli per la presenza di bias e cercare di mitigarli. Un modello può essere tecnicamente accurato, ma socialmente ingiusto.

L’analisi predittiva con i big data è un viaggio entusiasmante e complesso che può portare a vantaggi competitivi significativi. Richiede un mix di tecnologia, metodologia, competenze umane e una buona dose di buon senso e responsabilità etica. Con un approccio strategico e l’impegno costante, le aziende possono trasformare il rumore dei big data in una sinfonia di decisioni intelligenti e proattive, navigando con successo nel futuro.

Speriamo che questa esplorazione vi abbia fornito una chiara comprensione di come affrontare l’analisi predittiva con i big data. Il futuro non è qualcosa che accade, è qualcosa che si costruisce, un dato alla volta, con consapevolezza e intelligenza.

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Vincenzo Maritati

AUTORE:Vincenzo Maritati Apri profilo LinkedIn

Vincenzo è Co-founder di Data Masters, AI Academy per la formazione in Intelligenza Artificiale, Machine Learning e Data Science. È un ricercatore informatico che lavora attivamente nel campo dell’Intelligenza Artificiale, coordinando progetti di ricerca e sviluppo che spaziano in diversi ambiti, come la mobilità intelligente, sistemi di telemedicina, la manutenzione predittiva, il controllo della produzione industriale e la formazione.