L’Intelligenza Artificiale sta rivoluzionando il campo dell’astronomia, aprendo nuove frontiere nella nostra comprensione dell’universo.
Recentemente, un gruppo di ricerca ha migliorato significativamente la prima immagine del buco nero al centro della galassia M87, ottenuta nel 2019, grazie all’ausilio dell’IA.
Gli astronomi utilizzano l’Intelligenza Artificiale da decenni. Già nel 1990, i ricercatori dell’Università dell’Arizona furono tra i primi ad applicare le reti neurali per studiare la forma delle galassie. Da allora, l’IA si è diffusa in ogni aspetto della materia, offrendo strumenti per analizzare enormi set di dati e rivelare nuove conoscenze sull’universo.
Il crescente numero di telescopi e osservatori, come l’Osservatorio Vera Rubin in Cile di prossima costruzione, genererà una quantità di dati senza precedenti. Se ne prevedono 0,5 exabyte in 10 anni, circa 50.000 volte la quantità di informazioni contenute in tutti i libri contenuti nella Library of Congress. Per gestire questi enormi set di dati, gli astronomi si affidano sempre più agli algoritmi di Intelligenza Artificiale, che si dimostrano strumenti indispensabili per l’elaborazione delle informazioni e l’unica soluzione in mano agli astronomi per elaborare tutti i dati a loro disposizione.
Una buona parte dello studio astronomico può essere paragonato, usando una allegoria, alla ricerca di aghi in un pagliaio. Circa il 99% dei pixel in un’immagine astronomica contiene radiazioni di fondo, luce proveniente da altre fonti o l’oscurità dello spazio: solo l’1% ha forme riconducibili alle galassie. Ma le reti neurali sono perfettamente adattabili per individuare i modelli delle galassie.
Grazie all’IA, infatti, gli astronomi possono ora classificare le galassie con una precisione del 98%, cercare segnali di vita extraterrestre con maggiore efficienza e scoprire esopianeti con una precisione del 96%.
Ma oltre a identificare oggetti noti, la potenza di calcolo delle più recenti soluzioni AI è in grado di ricercare oggetti o fenomeni teorizzati ma ancora non scoperti. Per fare ciò, gli astronomi usano prima l’Intelligenza Artificiale per convertire i modelli teorici in firme osservative, e poi sfruttano l’apprendimento automatico per affinare la capacità del sistema AI di rilevare i fenomeni previsti.
Ad esempio, recentemente un team del Sud Africa ha scoperto un oggetto unico che potrebbe essere un residuo della fusione esplosiva di due buchi neri supermassicci. Se ciò si rivelerà vero, i dati consentiranno un nuovo test della relatività generale.
Anche l’Intelligenza Artificiale Generativa e i modelli linguistici, come ChatGPT, stanno avendo un impatto significativo nel campo dell’astronomia. Il team che ha creato la prima immagine del buco nero nel 2019 ha utilizzato un’IA generativa per produrre un’immagine più nitida e coerente con le previsioni della relatività generale. Per fare ciò, i ricercatori hanno prima insegnato a una Intelligenza Artificiale come riconoscere i buchi neri e poi l’hanno utilizzata per colmare le lacune del primo studio, ricercando informazioni nell’enorme quantità di dati raccolti dai radiotelescopi sul buco nero M87.
Gli astronomi stanno anche adottando i sistemi generativi per gestire la complessità della ricerca moderna. Un team dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics ha sviluppato un modello linguistico chiamato astroBERT per leggere e organizzare oltre 15 milioni di articoli scientifici sull’astronomia.
Negli ultimi decenni l’Intelligenza Artificiale si è rivelata uno strumento fondamentale per gli astronomi. Con il progresso della tecnologia, i telescopi più performanti e i set di dati che crescono sempre di più, l’IA continuerà a svolgere un ruolo cruciale nel percorso di scoperta e comprensione del vasto e misterioso universo che ci circonda.