Viviamo in un’epoca in cui l’AI generativa e i Large Language Model (LLM) stanno rivoluzionando il modo di sviluppare software e creatività digitale. Uno degli sviluppi più interessanti ed emergenti in questo panorama è il concetto di vibe coding, termine coniato dal cofounder di OpenAI Andrej Karpathy: un approccio alla programmazione dove invece di scrivere codice manualmente, descrivi a un’AI cosa vuoi ottenere in linguaggio naturale, lasciando che sia la macchina a scrivere il codice per te​. 

In altre parole, spieghi il “vibe” (lo spirito, l’idea di fondo) di ciò che vuoi costruire e l’AI genera il codice necessario. Questo termine, insieme a quello di vibe AI, si riferisce in generale a un nuovo modo di collaborare con l’intelligenza artificiale per trasformare idee vaghe in risultati concreti.

Il vibe coding è figlio diretto della recente ondata di strumenti di AI generativa: grazie a modelli avanzati addestrati su miliardi di righe di codice, oggi è possibile “parlare” con il computer e ottenere un programma funzionante senza digitare manualmente ogni istruzione. 

Era solo questione di tempo, dopotutto. Già all’uscita di ChatGPT, nel novembre 2022, è stato evidente a tutti che i modelli linguistici erano piuttosto bravi a scrivere codice. Nel 2025, dopo una fase di ingegnerizzazione e progressivo miglioramento di questi strumenti, siamo ormai entrati ufficialmente nell’Era del vibe coding, in cui basta mettersi comodi, descrivere un’idea a voce o in testo semplice, e lasciare che un’AI si occupi dei dettagli tecnici​.

Questo concetto può sembrare fantascientifico, ma sta rapidamente diventando realtà grazie a modelli linguistici come GPT-4 di OpenAI, Code Llama di Meta, Claude di Anthropic e molte piattaforme basate su questi modelli.

 

Cos’è il Vibe Coding?

Il vibe coding è un approccio emergente alla programmazione che nasce nel contesto dell’intelligenza artificiale generativa. L’idea di fondo è semplice: invece di scrivere codice riga per riga, lo sviluppatore (o chi ha un’idea progettuale) interagisce con un modello di AI attraverso il linguaggio naturale, spiegando cosa vuole ottenere. La filosofia è semplice: “programmare per vibrazioni”, ovvero trasferire all’AI il vibe – l’idea, il mood, l’obiettivo finale – e lasciare che sia lei a tradurlo in codice eseguibile​

È un concetto più vicino a raccontare una storia o dare istruzioni ad un collega, piuttosto che scrivere algoritmi e preoccuparsi della sintassi.

Il termine vibe coding stesso è stato coniato di recente. L’esperto di AI Andrej Karpathy, ex direttore di Tesla AI, in un post su X (Twitter) del febbraio 2025 l’ha definito “un nuovo tipo di coding in cui ti lasci completamente trasportare dai vibe, abbracci la crescita esponenziale e dimentichi persino che il codice esiste”

In pratica, è un’estensione evolutiva di strumenti no-code/low-code e di assistenti alla programmazione come GitHub Copilot, ma con un livello di delega più profondo. La programmazione diventa un processo conversazionale, dove l’essere umano guida e affina il risultato generato dalla macchina. Insomma: spieghi l’idea all’AI e lei fa il lavoro pesante. Anziché scrivere ogni riga a mano, ti abbandoni al flusso (vibe) e lasci che la macchina faccia il resto.

Da un certo punto di vista, il vibe coding è l’evoluzione naturale di trend precedenti come il no-code/low-code (strumenti che permettono di creare applicazioni con minime conoscenze di coding) e il pair programming con AI (es. GitHub Copilot). La differenza è che qui si porta all’estremo la delega all’AI: la programmazione diventa conversazione.

 

Vibe Coding vs Coding Tradizionale

Vibe Coding e Programmazione Tradizionale: Approcci Complementari

Nel mondo dello sviluppo software, il vibe coding e la programmazione tradizionale non sono concorrenti, ma approcci complementari con vantaggi distinti.

Nel coding tradizionale, lo sviluppatore scrive manualmente il codice, affrontando la sintassi, gli algoritmi e il debug. Questo richiede una forte preparazione tecnica e attenzione ai dettagli.

Nel vibe coding, invece, lo sviluppatore si concentra sulla visione finale: cosa vuole ottenere e quale esperienza creare. Comunica queste intenzioni in linguaggio naturale a un’AI, che si occupa della generazione del codice. Qui, lo sviluppatore assume il ruolo di regista, guidando l’AI con chiarezza, senza doversi preoccupare dei dettagli tecnici.

Questo sposta di molto la competenza chiave del vibe coding: essa non risiede nella conoscenza approfondita degli algoritmi, ma nella capacità di descrivere chiaramente un’idea all’AI. E dunque, la skill fondamentale del “vibe coder” è il prompt engineering. Regole, convenzioni, ingegnerizzazione delle domande. Tutto quello che facciamo per prenderci il meglio dai modelli linguistici tradizionali vale anche (e soprattutto) quando abbiamo a che fare con sistemi più avanzati, in grado di scrivere simultaneamente più file e cartelle per la creazione di un progetto software complesso.

 

Strumenti e Modelli AI per il Vibe Coding

Il vibe coding non sarebbe possibile senza l’evoluzione recente di tool e modelli di intelligenza artificiale capaci di generare codice. Ecco una panoramica dei migliori strumenti e piattaforme che abilitano questo nuovo modo di programmare:

  • Interfacce linguistiche “standard”: ChatGPT / Gemini / Claude – Sappiamo che i modelli linguistici, essendosi addestrati anche su grandi quantità di file scritti in svariati linguaggi di programmazione, sono mediamente bravi a scrivere codice. Usare un’interfaccia “classica” come quella di ChatGPT o di Gemini per chiedere e ottenere codice di cui fare copia/incolla o da condividere pubblicamente è sicuramente il primo modo per creare semplici prototipi e dare vita alle proprie idee. In gergo tecnico si parla di “Single call”, ovvero una conversazione in cui il modello si limita a rispondere alle domande senza accedere a file sulla macchina dell’utente e senza orchestrare flow complessi.
  • GitHub Copilot – L’assistente AI integrato in Visual Studio Code (e altri IDE) ha varie modalità di funzionamento. In una di esse permette agli sviluppatori di descrivere in modo naturale le funzionalità desiderate e fa in modo che il sistema AI generi il codice in tempo reale, suggerendo soluzioni basate su miliardi di righe di codice provenienti da repository pubblici. Invece di concentrarsi sulla scrittura manuale del codice, gli sviluppatori possono “dialogare” con Copilot, dando istruzioni e ricevendo risposte immediate, accelerando così il processo di sviluppo.
  • Replit Ghostwriter/Agent – Replit, popolare piattaforma online di coding, ha introdotto Ghostwriter (un pair programmer simile a Copilot che suggerisce modifiche mentre scriviamo codice) e Replit Agent, un sistema in cui puoi letteralmente chattare per costruire un’intera applicazione. Ad esempio, tramite un’interfaccia chat, puoi dire: “Crea un sito web che faccia X” e l’agent provvede a generare file, codice, installare librerie e perfino avviare l’app in un container live​. È particolarmente adatto ai principianti o a chi vuole prototipare velocemente un’idea senza uscire dal browser.
  • Cursor (Cursor Composer) – Cursor è un nuovo IDE potenziato da AI che sembra progettato appositamente per il vibe coding. Permette di modificare interi codebase tramite comandi in linguaggio naturale: si può selezionare un file o una funzione e dire ad esempio “rifattorizza questo codice per usare una classe invece di funzioni” oppure “aggiungi un pannello di login all’app”. Il Composer (spesso citato assieme al modello “Sonnet”) è famoso per la sua capacità di prototipazione rapida e per “ascoltare” istruzioni molto generiche, ideale per sperimentare​.
  • Aider – Uno strumento meno noto ma potente, orientato ad assistere nella generazione e debug del codice​. Aider si integra con la tua base di codice e, tramite prompt in naturale, può scrivere nuove funzioni oppure aiutare a trovare e correggere bug esistenti. È come un collega paziente a cui puoi dire “trova perché questo test fallisce” e lui analizzerà il codice per proporti la soluzione.
  • Altri modelli e piattaforme – L’ecosistema cresce ogni giorno. Altri strumenti citati nelle community includono Cody di Sourcegraph, Amazon CodeWhisperer, Tabnine, editor con AI integrata come Zed, e varianti di modelli open-source come StarCoder e Code Llama che portano capacità di vibe coding anche offline. Sul fronte dei modelli di linguaggio, oltre a GPT-4 vale la pena menzionare Anthropic Claude (soprattutto nella sua versione 3.7, molto utilizzata anche in alcuni degli strumenti visti in precedenza) e progetti di agent AI autonomi (ad es. AutoGPT e simili) che promettono di spingersi ancora oltre, come vedremo nei trend futuri.

Molti di questi strumenti offrono livelli gratuiti o di prova, consentendo a chiunque di sperimentare il vibe coding senza grandi investimenti. L’elemento comune è l’uso di modelli LLM addestrati su enormi quantità di codice (GitHub, StackOverflow, documentazione open source): grazie a questa conoscenza pregressa l’AI riesce a tradurre descrizioni astratte in codice funzionante. In pratica, questi strumenti fungono da “traduttori universali” dal linguaggio umano al linguaggio di programmazione​.

 

Casi d’uso pratici del Vibe Coding

Il vibe coding sta già mostrando il suo potenziale in diversi ambiti pratici. Di seguito alcuni casi d’uso reali ed esempi di come questo approccio viene impiegato per risolvere problemi concreti:

  • Assistenza al coding: Anche nello sviluppo classico, strumenti come Copilot hanno dimostrato di aumentare la produttività suggerendo frammenti di codice in tempo reale. Gli sviluppatori possono descrivere in un commento cosa deve fare una funzione, e l’AI genera automaticamente il corpo della funzione. Ad esempio, scrivendo // funzione che calcola il fattoriale ricorsivamente in un file JavaScript, Copilot completerà con la definizione corretta della funzione. Questo modo di lavorare “a due mani” (sviluppatore + AI) incarna già lo spirito del vibe coding: l’AI fa il lavoro ripetitivo, lo sviluppatore supervisiona e guida.
  • Prototipazione rapida di applicazioni: Un caso emblematico è quello di un podcaster che ha utilizzato Replit Chat/Agent per creare in pochi minuti un tool web personalizzato​. La richiesta era: “Mi serve un’app che calcoli quanto tempo ci vorrà per registrare un copione di podcast, in base al testo”. In meno di 10 minuti, l’AI ha generato un piccolo sito con un campo di testo dove incollare il copione e un pulsante che restituiva il tempo stimato di registrazione​. Tutto questo senza che il podcaster sapesse programmare: è bastato descrivere l’idea all’AI e fare qualche iterazione per perfezionare il risultato. Analogamente, un marketer ha raccontato di aver costruito “Content Genie”, uno script che genera idee per contenuti partendo da un URL di YouTube, il tutto in circa 30 minuti e senza scrivere codice manualmente​. Questo gli ha permesso di automatizzare un compito creativo che altrimenti avrebbe richiesto l’intervento di uno sviluppatore o molte ore di lavoro manuale.
  • Generazione creativa di codice (creative coding): Oltre a task utilitaristici, il vibe coding apre porte interessanti per la creatività. Ad esempio, è possibile chiedere a un’AI di generare arte generativa tramite codice (come disegni in Processing/P5.js o shader grafici) descrivendo a parole l’effetto visivo voluto. Oppure sviluppare piccoli giochi: “Fammi un giochino stile Pong ma con due gatti che si lanciano un gomitolo”. L’AI abbozzerà il codice del gioco, che poi l’utente può rifinire. Questo abbassa la barriera d’ingresso per artisti e designer che vogliono sperimentare con il codice senza dover imparare tutto da zero.
  • Automazione di task ripetitivi: Molti utilizzano già ChatGPT o simili per scrivere piccoli script di automazione. Con il vibe coding, basta descrivere il problema: “Ho una lista di 500 email in un file CSV, mi serve uno script che le legga e invii un messaggio di auguri personalizzato a ciascuna”. L’AI può generare uno script Python che lo fa, magari utilizzando librerie come pandas e smtplib; lo script può poi essere inserito in una piattaforma di automazione come make.com o n8n per completare il flusso. In ambito aziendale, questo significa permettere a personale non tecnico di automatizzare compiti noiosi interagendo con un assistente AI invece di dipendere da un programmatore dedicato.

Va notato che la qualità dei risultati varia in base alla complessità del compito e alla chiarezza con cui viene descritto. Per cose semplici e ben specificate, l’AI spesso fornisce soluzioni funzionanti al primo colpo. Per progetti più complessi, serve un processo iterativo: l’utente testa il codice generato, fornisce correzioni o specifiche aggiuntive (“aggiungi un controllo X”, “sistemo questo errore”) e l’AI rigenera o modifica il codice di conseguenza​.

In un certo senso, il workflow di vibe coding è ciclico: Descrivi → Genera codice → Prova → Affina → (ripeti)

Questa interazione continua ricorda un dialogo con un junior developer o un intern: devi dargli feedback e indicazioni finché il risultato non corrisponde alla tua visione.

 

Confronto tra Vibe Coding e Coding Tradizionale 

Come si posiziona il vibe coding rispetto alla programmazione tradizionale? La seguente tabella comparativa riassume le differenze chiave tra questi tre approcci:

Aspetto Vibe Coding (AI-driven) Coding Tradizionale (Manuale)
Approccio Programmare descrivendo obiettivi e “vibrazioni” in linguaggio naturale; l’AI genera il codice. Programmare scrivendo manualmente codice in uno o più linguaggi (es. Java, Python).
Livello di astrazione Altissimo – focalizzato sul cosa fare (funzionalità desiderate, risultato finale). L’implementazione è delegata all’AI. Basso – focalizzato sul come fare (logica dettagliata, algoritmi, struttura del codice).
Competenza richiesta Saper descrivere chiaramente requisiti, fornire feedback all’AI; un minimo di comprensione per verificare il codice generato. Non serve padronanza di sintassi o algoritmi complessi. Conoscenza approfondita di linguaggi di programmazione, algoritmi, best practice di sviluppo, debugging manuale.
Vantaggi

Velocità e produttività: prototipi pronti in minuti​

Accessibilità: anche non programmatori possono creare software funzionante​

Focus sul design: libera dal pensare alla sintassi, permettendo di concentrarsi su idee e UX.

Controllo totale: ogni riga è sotto il controllo dello sviluppatore (comportamento prevedibile). Ottimizzazione e performance: possibilità di scrivere codice efficiente su misura. 

Affidabilità a lungo termine: basata su competenze solide e best practice.

Svantaggi/Sfide

Possibili errori e bug: il codice generato dall’AI potrebbe non essere corretto o ottimale, richiedendo debugging​

Comprensione limitata: se l’utente non conosce affatto la programmazione, potrebbe faticare a capire/aggiustare l’output dell’AI (rischio di technical debt accumulato)​

Dipendenza dal modello: se l’AI fraintende la richiesta o non è disponibile, si rimane bloccati; inoltre occorre fidarsi di ciò che non si è scritto di proprio pugno.

Tempo e fatica: sviluppo più lento per prototipi; curva di apprendimento iniziale ripida per i non esperti. – Barriera all’ingresso: richiede competenze tecniche che non tutti possiedono (esclude non programmatori). 

Lavoro ripetitivo: il programmatore deve spesso riscrivere codice simile o boilerplate, attività in parte automatizzabili.

 

Come si nota, il vibe coding punta all’estrema semplicità lato utente: basta esprimere un desiderio e lasciar fare all’intelligenza artificiale. Il coding classico rimane imbattibile in quanto a controllo e comprensione profonda del sistema creato. Da notare una cosa fondamentale già accennata prima: in ogni caso il prompt engineering è la skill ormai consolidata necessaria per chi sviluppa applicazioni, che siano esse scritte interamente oppure solo con il supporto dell’AI. In molti casi, queste tre modalità possono coesistere nello stesso progetto: ad esempio, un developer potrebbe usare il vibe coding per prototipare velocemente un modulo, poi rifinirlo con coding manuale per ottimizzare le performance, e infine condividere prompt ben fatti con altri per automatizzare certi test.

Impatto sul Lavoro di Sviluppatori e Creativi

L’avvento del vibe coding e, più in generale, della vibe AI sta avendo un impatto significativo sul ruolo di varie figure professionali, in primis gli sviluppatori software ma anche designer, marketer e creativi digitali. Vediamo alcuni punti chiave di questa trasformazione:

Sviluppatori come “visionari” e controllori: Più che sostituire i programmatori, l’AI sembra destinata a cambiare il loro ruolo. Secondo alcuni esperti, i coder diventeranno sempre più dei “visionari”, persone che immaginano soluzioni e architetture ad alto livello, lasciando che l’AI si occupi della manovalanza del codice​. 

Il developer quindi si sposta dal livello di implementazione a quello di supervisione e validazione: diventa una sorta di direttore d’orchestra che traduce i requisiti di business in indicazioni per l’AI, e poi verifica che il risultato sia conforme, sicuro e di qualità. Come sintetizzato in un report, “il ruolo dell’esperto si sposta da coder di basso livello a prompter di alto livello, tester e verificatore”​. 

In pratica, saper scrivere buoni prompt e saper testare a fondo il codice generato diventeranno abilità essenziali per gli sviluppatori del futuro.

Democratizzazione dello sviluppo e nuovi creativi tech

Un beneficio importante del vibe coding è la democratizzazione. Figure non tecniche possono finalmente realizzare le proprie idee senza un intermediario sviluppatore. Designer, marketer, imprenditori possono “dialogare” con l’AI e ottenere prototipi di app funzionanti. Questo porta a team più interdisciplinari e collaborativi: esperti di dominio che co-creano strumenti software insieme all’AI. Dal punto di vista degli sviluppatori professionisti, ciò significa anche collaborare più strettamente con colleghi non programmatori, poiché l’interfaccia naturale rende tutti in grado di partecipare allo sviluppo​. 

Nascono così “ibridi creativi”: ad esempio un copywriter può sviluppare un semplice generatore di testi personalizzato per la sua azienda, oppure un data analyst senza background da software engineer può automatizzare parti del suo lavoro creando piccoli script con l’AI. Si tratta di un’evoluzione simile a quella che hanno portato gli strumenti di no-code, ma potenziata all’ennesima potenza dall’intelligenza artificiale.

Aumento della produttività, ma con cautela

Per i team di sviluppo tradizionali, introdurre il vibe coding può tradursi in un aumento di produttività. Le parti noiose e ripetitive (boilerplate, configurazioni, CRUD standard) possono essere generate dall’AI in un attimo​.

Questo libera tempo per che gli sviluppatori possano concentrarsi su problem solving più complessi o sulla progettazione generale. Inoltre la possibilità di creare prototipi rapidi consente di testare idee e ricevere feedback dagli stakeholder molto prima, accelerando il ciclo di sviluppo​. 

Come in tutto quello che ha a che fare con l’AI, tuttavia, ci sono anche preoccupazioni: affidarsi troppo all’AI può portare a risultati imprevedibili o non ottimali​. 

Il codice generato potrebbe contenere bug subdoli, falle di sicurezza o semplicemente non essere mantenibile a lungo termine.

Questo introduce nuove responsabilità per i team: ad esempio, implementare robusti processi di code review e testing automatico per il codice AI-generato, sviluppare linee guida interne su come e quando utilizzare l’AI, e formare i dev junior a non dare per scontato che “se lo ha scritto l’AI allora va bene”. In altre parole, serve trovare un equilibrio tra il lasciarsi aiutare dal vibe e il mantenere le migliori pratiche di ingegneria del software​.

La preoccupazione per la perdita di competenze

Alcuni veterani del settore avvertono che se ci si appoggia troppo a questi strumenti, le nuove generazioni di programmatori potrebbero perdere confidenza con le basi della programmazione. Se l’AI scrive sempre il codice, quante opportunità avrà un junior developer di imparare davvero come funziona sotto il cofano? 

È un punto valido: la formazione dovrà adattarsi. Probabilmente i corsi di informatica e i bootcamp insegneranno sì come usare l’AI per sviluppare (magari includendo moduli di vibe coding), ma enfatizzeranno ancora di più l’importanza di capire gli algoritmi e la logica, così da essere in grado di intervenire manualmente quando necessario​. 

La figura dello sviluppatore completo di domani potrebbe essere quella di qualcuno capace di scrivere codice a mano e di orchestrare AI coder, scegliendo di volta in volta lo strumento giusto.

L’impatto su altre professioni creative

Il concetto di vibe AI si estende oltre il codice. Pensiamo al design: già esistono AI che generano layout grafici o interfacce UX su descrizione (es. “voglio un’app di e-commerce con stile minimal e palette blu”). Un vibe designer potrebbe diventare colui che descrive l’esperienza utente desiderata e lascia all’AI la creazione di mockup e persino del codice front-end CSS/HTML relativo. Analogamente in ambito marketing, un vibe marketer potrebbe descrivere una campagna o il tono di voce di un brand e ottenere dall’AI testi, immagini o strategie di contenuto pronti da affinare. Questi scenari indicano che gli strumenti di AI creativa stanno entrando nel flusso di lavoro quotidiano, mutando il ruolo dei creativi: meno esecuzione manuale, più direzione artistica e verifica qualitativa.

 

Scenari Futuri e Trend Evolutivi

Guardando avanti, quali evoluzioni potremmo aspettarci dal vibe coding e dall’integrazione tra AI e lavoro umano? Ecco alcuni trend e scenari futuri che già si intravedono all’orizzonte:

Team ibridi umani-AI

È probabile che i team di sviluppo del futuro includeranno in modo ufficiale AI come parte integrante. Già oggi qualcuno parla scherzosamente di AI intern (stagista AI) o AI pair programmer. In futuro, potremmo avere workflow dove ad ogni sviluppatore umano è affiancata una istanza AI addestrata sul contesto del progetto, che partecipa attivamente: genera codice su richiesta, segnala possibili errori, ottimizza parti lente. Si tratterebbe di un vero team ibrido, dove l’AI è come un collega virtuale. Questo richiederà anche nuovi strumenti di gestione: ad esempio, sistemi di versioning e code review capaci di includere contributi di AI, e linee guida etiche su responsabilità e attribuzione (chi “firma” il codice scritto dall’AI?). La collaborazione simbiotica uomo-macchina è vista da molti come l’ideale: “l’AI fa le parti noiose, l’umano garantisce etica e qualità”​, quindi un approccio di simbiosi e non di sostituzione.

Evoluzione del prompt engineering

Se oggi la scrittura dei prompt per le AI è una skill indispensabile, in futuro potrebbe diventare ancora più accessibile o addirittura parzialmente automatizzata. Ricercatori e sviluppatori stanno già esplorando soluzioni basate su AI che generano i prompt per altre AI (meta-AI), semplificando e rendendo il processo più intuitivo. Con l’avanzamento della tecnologia, è probabile che emergeranno interfacce più user-friendly in cui l’utente fornisce solo un obiettivo generale e il sistema stesso si occupa di suddividere il problema, generando i prompt specifici per vari modelli. Questo processo potrebbe evolvere ulteriormente grazie a protocolli come MCP (Model Coordination Protocol), dove un agente AI coordina diversi modelli per realizzare un progetto, delegando a questi il compito di scrivere, testare e migliorare il codice. In sostanza, questo rappresenta un passo oltre il vibe coding, dove l’utente fornisce ancora meno dettagli, e l’AI orchestra autonomamente la realizzazione del progetto, semplificando e ottimizzando ulteriormente l’esperienza di sviluppo.

L’essere umano, quindi, si limiterebbe a definire gli obiettivi iniziali, e poi potrebbe quasi “andare a prendere un caffè” mentre l’AI sviluppa e corregge il prodotto software. Siamo ancora agli inizi di questa possibilità, ma progetti come AutoGPT, GPT-Engineer e simili puntano proprio in questa direzione completamente automatizzata.

Creative AI e nuove professioni

L’idea di vibe AI applicata ad altri campi porterà alla nascita di nuove professioni o alla trasformazione di quelle esistenti. Ad esempio, potremmo avere AI Creative Director – specialisti che sanno sfruttare al massimo generatori di immagini, video e testi per produrre contenuti artistici o pubblicitari partendo da brief concettuali. Oppure Analisti Augmentati – esperti di dati che, grazie al vibe coding, costruiscono strumenti di analisi personalizzati semplicemente descrivendo le metriche o visualizzazioni che servono. In generale, qualsiasi lavoro di concetto potrà essere affiancato da un’AI capace di concretizzare le intuizioni: ricerca, strategia, pianificazione, ecc. Azeem Azhar ha coniato il termine vibe worker per indicare il professionista che usa l’AI per trasformare pensieri abbozzati in output strutturati attraverso iterazioni​. In questo senso, il vibe coding dei developer è solo l’inizio di una rivoluzione più ampia nel knowledge work.

No-code potenziato dagli LLM

I tool di sviluppo no-code esistono da anni (ad esempio piattaforme per creare siti o app con interfacce drag-and-drop). L’integrazione con gli LLM li renderà molto più potenti e flessibili. Immaginiamo un builder visuale che però ha anche un assistente AI: invece di essere limitato ai componenti predefiniti, l’utente può descrivere qualcosa di extra (“quando l’utente clicca qui vorrei che succedesse X”) e l’AI genera il pezzo di codice o di logica necessario, inserendolo nel flusso. Questo unisce la facilità d’uso del no-code con la versatilità della programmazione tradizionale. In pratica, il confine tra no-code e code generato dall’AI diventerà labile: l’utente non scrive codice, ma il sistema sì dietro le quinte su suo comando. Ciò potrebbe ridurre drasticamente i limiti attuali del no-code (dove se esci dallo schema previsto, devi comunque mettere mano al codice).

Miglioramenti nei modelli e affidabilità

Sul fronte tecnologico, ci si aspetta che i modelli di AI generativa di prossima generazione (GPT-5? nuovi modelli di Google o open-source) siano ancora più capaci e affidabili nel generare codice corretto. Già ora si lavora su tecniche per ridurre gli errori (ad esempio usando l’AI stessa per testare e correggere il codice generato, o far collaborare più modelli in modo che si controllino a vicenda). Col tempo, potremmo fidarci maggiormente a usare il vibe coding anche in progetti importanti, man mano che l’AI accumula know-how e diventa meno “allucinata” nei suoi output. Rimarrà comunque fondamentale il ruolo umano di supervisione, soprattutto per questioni critiche di sicurezza e responsabilità. Inoltre vedremo probabilmente emergere standard e best practice specifiche per lo sviluppo AI-assistito (ad esempio, linee guida di documentazione per codice scritto dall’AI, metriche per valutare quanto di un progetto è generato vs scritto a mano, ecc.)​

Resistenze e aspetti culturali

Non tutti sono entusiasti di questa rivoluzione. In community di sviluppatori online il dibattito è acceso: su Reddit e Hacker News molti sostengono che il vibe coding sia sovrastimato, ottimo per prototipi o piccoli script ma non adatto a sistemi seri in produzione​

C’è chi teme un’ondata di software di bassa qualità se troppe persone senza competenze iniziano a lanciare app generate dall’AI senza adeguati test (un po’ come i tempi d’oro di Visual Basic e dei “programmini” aziendali ingestibili). Probabilmente la verità sta nel mezzo: all’aumentare dell’adozione, migliorerà la consapevolezza su quando usare (e quando non usare) questi strumenti.

Gli sviluppatori senior di domani dovranno avere anche il compito di mentor verso i colleghi meno esperti sull’uso corretto dell’AI, proprio come oggi si insegna ai junior a strutturare bene il codice. Culturalmente, potrebbe evolversi una maggiore accettazione dell’AI come parte del team (meno paura di “essere rimpiazzati”, più focus su come sfruttarla al meglio). D’altronde, già in passato strumenti come i compilatori, i framework high-level e i builder visuali hanno automatizzato parti del lavoro, e la professione di sviluppatore è rimasta fondamentale ma evolvendosi.

Il vibe coding rappresenta un cambiamento di paradigma entusiasmante nel modo in cui concepiamo lo sviluppo software. Oggi possiamo trasformare idee in applicazioni funzionanti semplicemente dialogando con un’AI – un processo impensabile solo pochi anni fa.

Questa guida ha esplorato in dettaglio cos’è il vibe coding, come funziona, i suoi strumenti e impatti. Siamo solo agli inizi: man mano che l’AI diventa più potente e integrata nei nostri tool, vedremo emergere modalità di lavoro ancora più creative e fluide tra umani e macchine.

Vale la pena sperimentare con questi strumenti fin da ora, tenendo però sempre un occhio critico sulla qualità e ricordando che, dietro a ogni “magia” dell’AI, servono comunque ingegno umano, verifica e responsabilità. In definitiva, il vibe coding non è la fine della programmazione, ma un nuovo capitolo in cui coders e AI “vibrano” sulla stessa lunghezza d’onda per creare qualcosa di innovativo.

Che tu sia uno sviluppatore esperto o un curioso senza background tecnico, la domanda è: qual è la tua prossima idea e quale vibe trasmetterai alla tua AI per realizzarla?

Giuseppe Mastrandrea

AUTORE:Giuseppe Mastrandrea Apri profilo LinkedIn

Giuseppe è un Ingegnere Informatico con una forte specializzazione e pubblicazioni in ambito Computer Vision. Da circa 8 anni si dedica all’insegnamento in ambito informatico e alla formazione sulle tecnologie emergenti tra le quali il Machine Learning.